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Alice (Francesco De Gregori)

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Viene ogni giorno, lo sento che sale le scale con il passo da elefante e sbatte la porta. L’appartamento è sopra di me e quando lui sta in casa potrei segnare sul mio soffitto la sua posizione, con una grossa X, come sulle mappe si segna il punto dove è stato sotterrato il tesoro dei pirati. Non sento mai Alice. Alice sta tutto il giorno alla finestra. Ma non aspetta lui. Lui è suo padre e si è risposato da qualche anno. Alice è rimasta da sola nella casa, non ha voluto seguirlo, sa di far parte del passato e adesso vorrebbe essere dimenticata. Alice guarda i gatti. Ce n’è uno bianco che arriva ogni mattina e si sdraia sul muretto che delimita il parcheggio, si lava il muso e dorme. Ma Alice non aspetta lui. Di mattina il parcheggio è quasi vuoto, macchine che vanno e vengono, che vanno e tornano con le borse della spesa. Alice guarda i gatti. Ce n’è uno tigrato nascosto tra le siepi che punta i merli tutto il giorno, ma anche i merli lo sanno e non gli si avvicinano. Alice non aspetta lui e neppure i merli. Dopo pranzo arrivano i bambini. I gemelli passano il pomeriggio dai nonni, ogni tanto spuntano sul terrazzo e lanciano in volo piccoli aeroplani di carta. Poi c’è un piccolo calciatore diretto al campo degli allenamenti con un borsone pieno di sogni e un padre che ci crede. Alice non aspetta loro. Alice guarda i gatti. Ce n’è uno nero che in inverno sale sul cofano delle macchine appena parcheggiate e sembra che abbia qualche preferenza sul colore della carrozzeria. Ma Alice non aspetta lui. Alice guarda i gatti. C’è anche una gatta rossa che non esce mai da casa e passa a guardare le stagioni alla finestra. Proprio come fa Alice. Passano ore in cui la gatta non appare dietro al vetro, forse si acciambella sul letto o si stende lunga sul divano, annusa le rose sui tappeti e corre a leccare la sua ciotola all’ora di pranzo. Quando la gatta torna alla finestra Alice spesso non se ne accorge. Alice non aspetta lei. Alice guarda i gatti. Ce n’è uno vecchio e pezzato che sembra una mucca, non si muove mai da quell’angolo dove resta parcheggiato un camper che non viaggia mai.Verso sera Alice è ancora alla finestra e cominciano a tremarle un poco le mani. Lei vuole credere che sia l’emozione e respira profondamente, stiracchia le dita e stende le mani come se con un gesto volesse spiegarsi, un biglietto di carta che si apre e rivela un segreto. Alice non ha più segreti per nessuno. L’ultimo l’ha scritto in rosso sull’asfalto quasi un anno fa. Alice guarda i gatti.  Al crepuscolo sono piccole forme senza colore e il gatto grigio, quello che si gratta spesso, è l’unico che ancora si può riconoscere. Alice aspetta la notte. Suo padre sbatte la porta e le serve la cena lì dov’è. Poi la aiuta a prepararsi, la prende in braccio e la mette a letto. Alice chiude gli occhi e conta i gatti per chiamare il sonno. Il primo è bianco e si sdraia sul muretto. Il secondo è tigrato e si nasconde tra le siepi. Il terzo è nero e sale sul cofano delle macchine. La quarta è una gatta rossa che sta quasi sempre alla finestra. Il quinto è un gatto vecchio e pezzato che non si muove mai. Il sesto è grigio e si gratta spesso. Quando arriva Pietro in moto, Alice dorme e gli corre incontro. Pietro si toglie il casco e la bacia sul naso. Stanno insieme da poco più di un anno, ma sanno di amarsi per sempre. Alice sale sulla moto e mette il casco che le sta grande. Pietro mette in moto e lei lo abbraccia forte premendo la testa sul cuscino. Adesso corrono ancora insieme e i capelli di Pietro profumano d’estate. Anche l’estate prossima sarà così, loro lo sanno perché si ameranno per sempre e niente potrà mai dividerli. Neppure la morte. Adesso il loro amore sembra un sogno. Ma Alice sa che è vero. Per questo Alice guarda i gatti e aspetta la notte. Lo so anch’io. Perché non è un segreto.

© Gianna Brigatta
Song Tale dal testo di Alice di Francesco De Gregori.
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